Due grotte, ivi presenti e ritornate alla luce in questi ultimi tempi, attestano o, meglio, attesterebbero il passaggio e la presenza dei briganti in loco. E la cosa va a dare un tocco di fascino in più ad una Tenuta che, nella propria realtà storica, si tinge del mito favoloso, ma reale, dei briganti che popolarono il meridione ed anche la nostra Sila, dopo la rivoluzione mancata della spedizione garibaldina.
Del resto, lo stesso Pietro Monaco, in quegli anni soldato dell’esercito borbonico, era poi passato fra i garibaldini nei giorni dell’estate del 1860. Successivamente, tornato in paese, si era dato alla macchia, per ragioni molto simili a quelle di tanti altri briganti, e si era unito prima alla banda del Palma di Longobucco e, quindi, ne aveva creata una propria. Da brigante, forse, passò pure per la Tenuta “Bocchineri”.
Questo almeno si pensa e, chissà, forse i suoi uomini vi dimorarono, proprio nelle due grotte ivi rinvenute. La seconda grotta è stata ritrovata da poco, sotto le radici d’un castagno. Al momento appare di piccole dimensioni. Alle origini doveva essere più grande, forse come la prima, e poi per via dei vari lavori ridotta a più modeste misure. È una pagina interessante quella dei briganti alla Tenuta “Bocchineri”, una pagina che racchiude le linee d’un evento che coinvolse la banda di Pietro Monaco, proprio nei pressi della Tenuta.
L’evento riguarda il rapimento dei fratelli Domenico e Marco Spadafora presso il loro Mulino, sito in agro del Comune di Santo Stefano di Rogliano, in prossimità del confine con il Comune di Rogliano. A pochi passi dal Mulino Spadafora, ma oltre il limite di confine del territorio di Santo Stefano e, quindi in territorio di Rogliano, si trova la Tenuta “Bocchineri”. E, forse, proprio nelle grotte della Tenuta, riposarono alcuni degli elementi della banda Monaco, in attesa di aggredire Marco e Domenico Spadafora, presso il loro Mulino, all’alba di quel lontano 13 dicembre 1861. In quell’occasione, Marco Spadafora, per le ferite riportate nel corso dell’azione della banda, perse la vita. Per un simpatico e particolare scherzo d’omonimia, mi piace ricordare un altro evento che, meno di due anni dopo, caratterizzò un altro rapimento compiuto dalla banda di Pietro Monaco. Quest’ultimo era stato contattato, per quell’operazione, da un tale Michele Tucci e da un certo Carmine Altomare di Rogliano (l’odierno proprietario della Tenuta “Bocchineri” è il dottor Carmine Altomare di Rogliano: che strana coincidenza di nomi!) “torriere” di Achille Mazzei. Si trattava di organizzare e di concretizzare, su mandato del Mazzei, il rapimento del giudice Nicola Nicoletti. L’operazione dei briganti della banda Monaco ebbe luogo il 18 giugno, dopo che gli stessi, probabilmente, avevano pernottato nella terra del Mazzei. Che poi il rapito non sia stato il giudice, ma lo stesso Achille Mazzei, insieme con il cugino Antonio Parisio, è tutta un’altra storia. Ma dove si trovava questa proprietà del Mazzei? Era, forse, vicina alla Tenuta “Bocchineri”? Non ci è dato saperlo. Tuttavia, questi avvenimenti (soprattutto il primo rapimento) rendono ancora più interessante la vita e la storia della Tenuta “Bocchineri”, ponendola in una dimensione che corre fra mito e realtà, fra favola e memoria, fra leggenda e tradizione, e cingendola del fantastico velo d’un mito sempre vivo.